Roma
Mercato Centrale
Via Giovanni Giolitti, 36

Partecipano:
Vittorio Emanuele Agostinelli
Andrea Canapa
Shady Alizadeh
Federico Carli
Caterina Cerroni
Stanislao De Marsanich
Monica Didò
Alfredo Marini

Modera: Cristiano Zagari

Conclude: Francesco Tufarelli

Il libro curato da Monica Didò e Francesco Tufarelli lancia un richiamo per un’Europa libera e unita, individuando 13 storie di successo della UE accuratamente analizzate e raccontate ai lettori per sollecitare l’esigenza di continuare a procedere lungo il cammino dell’integrazione.

Tra queste: trasparenza e legalità, cultura, formazione, Erasmus, trasformazione digitale, turismo, politica agricola, sicurezza e difesa, welfare. Altre ne potremmo aggiungere, soprattutto osservando la questione dalla prospettiva dell’Italia. Disciplina della concorrenza, legge istitutiva delle Sim, fondi comuni d’investimento, OPA, insider trading, adeguamento dei mercati finanziari: gran parte del nuovo diritto dell’economia in Italia ha tratto impulso dall’Europa. E molto c’è ancora da fare. 

Tuttavia non bisogna sottacere che alcune cose non sono state fatte in maniera soddisfacente dalla UE, soprattutto da quando l’Italia ha perso la propria funzione di guida della costruzione europea: per esempio il cosiddetto bail-in (che infatti non ha padri!), così come alcuni aspetti tecnici sul funzionamento della politica di supervisione bancaria e della politica monetaria avrebbero potuto essere pensati diversamente.

Nel bene e nel male, non sono questi gli aspetti e i temi che possono suscitare sentimenti europeisti o anti-europeisti. 

Il libro individua tre motivi di affievolimento della spinta europeista: crisi economica mondiale, terrorismo, instabilità internazionale. La crisi economica mondiale, in realtà, è stata meno accentuata di quanto si pensi (un solo anno di lieve recessione (2009) e, negli ultimi due lustri, una crescita media annua del PIL mondiale decisamente superiore al 3%); il terrorismo può addirittura spingere i paesi europei verso una maggiore coesione; l’instabilità internazionale ha effetti regressivi, solo se intesa come causa degli intensi nuovi flussi migratori. 

Quali sono dunque i fattori di crisi della spinta europeista? Principalmente due: la prolungata stasi economica del continente e la lontananza, reale o percepita, tra popolo e istituzioni europee. Per superare questi elementi di freno, occorre rimuoverne le cause. Ne citiamo le principali:

  • Carenza di politiche coordinate e cooperative tra paesi.

  • Eccesso di regolamentazione e normazione, carenza di investimenti.

  • Modalità di comunicazione (forma e sostanza) adottate da parte dei governi nazionali e delle istituzioni di Bruxelles.

Ciò ha comportato che si siano persi di vista gli obiettivi di crescita e occupazione che sono richiamati in tutti i trattati costitutivi dell’UE, trasformando gli strumenti in obiettivi.

Cosa fare, allora? Bisogna tempestivamente arrestare il processo di progressiva sostituzione di sfiducia e diffidenza tra paesi alla fiducia che aveva animato e reso possibile la costruzione europea e, allo stesso tempo, bisogna ravvivare il consenso e l’adesione degli abitanti del Vecchio Continente. Ma su quali basi è possibile tornare a scaldare i cuori dei cittadini da Lisbona a Varsavia? Questo risultato sembra possibile solo ritrovando i valori e i principi alti e ricchi di coraggio che ispirarono i padri fondatori dell’Unione. Compito delle giovani generazioni è far rivivere il "popolo europeo", recuperando i principi culturali comuni di libertà, di democrazia, di progresso morale, civile, economico e di solidarietà. Per un’Europa più forte, per un’Europa migliore.   

Nel libro c’è una citazione di Umberto Eco: "La cultura, oltre la guerra, lega la nostra identità". E nelle Memorie di Giacomo Casanova appare evidente che nel Settecento il popolo europeo esisteva: l’avventuriero veneziano si trovava a casa propria a Napoli come a Parigi, a Praga come a Dresda, a Vienna come a Londra, a Berlino come a Madrid. L’esasperazione del principio di nazionalità ha distrutto l’Europa, ma la cultura davvero legava e lega la nostra identità. Le grandi sfide del XXI secolo (ambiente, migrazioni, terrorismo, povertà) possono costituire i perni attorno ai quali recuperare una leadership culturale e politica, per far rivivere il popolo europeo.

Un nuovo orizzonte, più ampio e ambizioso, un nuovo linguaggio, meno arido e tecnicistico, sono necessari per scaldare i cuori dei cittadini d’Europa e ridare vita al popolo europeo.