Quale futuro per l’Europa?

di Flavio Palumbo

I contributi presenti nel volume “Riflessioni sul futuro dell’Europa” si rivelano del tutto attuali e offrono spunti di riflessione innovativi alla luce dei cambiamenti economici, politici e istituzionali che caratterizzano l’odierna crisi sanitaria. I relatori hanno esposto le loro proposte in merito all’adeguamento necessario al sistema europeo per affrontare il divenire di questo periodo. È attuale la proposta del professore Masera di attivare i cosiddetti EURIS, European infrastructure securities, per assicurare una ripartenza degli investimenti infrastrutturali dei paesi membri dell’UE. Importante è la riflessione sui valori dell’economia sociale e di mercato dell’ordine costituzionale federale europeo di cui discute il professore Dario Velo. Il Generale Preziosa preme sull’importanza dello sviluppo nel settore della difesa di un sistema comune europeo. Ulteriormente essenziali sono le politiche europee per uno sviluppo sostenibile in risposta alla transizione verde, ai cambiamenti climatici e alla digitalizzazione, proposte dal professore Capriglione. Di primaria importanza sono anche le riflessioni del professore Chiarelli in merito al percorso costituente dell’UE. La proposta del professore Pelanda di passaggio ad un modello europeo da lui definito di sovranità convergenti e reciprocamente contributive è stimolante e per certi versi anche provocatoria. Il professore Arcelli interviene sui limiti dell’attuale architettura europea che necessita di stimoli. Ottimi spunti riflessivi sono offerti dal professor Carli che analizza le ragioni di debolezza della Costituzione europea. Non secondari sono le analisi del professore Giovannini e del dott. Rossoni.

Le conseguenze causate dalla pandemia e dalla crisi che ne deriva fanno sorgere importanti questioni, che stanno alla base delle iniziative proposte da tutti i relatori e che fanno perno sulla necessità di coniugare: integrazione europea, ripresa economica, stabilità finanziaria, innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale. I sistemi capitalistici stanno evolvendo integrando all’interno del loro meccanismo di funzionamento digitalizzazione, conoscenza e sostenibilità.

Il prof. Masera sostiene che analizzando le soluzioni messe in atto dalle istituzioni europee, ciò che emerge di concreto è che le azioni della Presidente della Commissione Europea Von der Layen, della Banca europea degli investimenti (BEI) e della BCE sono state fondamentali per porre un argine efficace alla crisi sanitaria. In assenza degli interventi della BCE non sarebbe stato possibile neanche pensare a una delle più importanti risorse mai introdotte dall’UE cioè il “Next Generation EU”. Le dinamiche del debito sono al centro del dibattito comunitario e nazionale ma ciò che sorprende è stato l’intervento del Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, sul decommissining del debito pubblico attraverso la BCE. Dal punto di vista italiano però, paese con un debito pubblico che si avvia al 160% del PIL e per il quale non si discute di alcuna misura per ridurre il deficit corrente, la proposta risulta poco inerente al contesto reale. Il debito, come afferma anche Mario Draghi può rivelarsi elemento positivo del sistema economico a condizione che si finanzino investimenti produttivi con rendimenti reali. A seguito di tali considerazioni, la proposta di introdurre gli EURIS, “EU Real Interest Debt”, cioè una forma di debito reale comune che ha a fronte attività reali che producono ricchezza si rivela più stimolante rispetto al decommissioning.

Secondo il prof. Dario Velo è necessario affrontare con immediatezza il tema dell’unione monetaria e dell’unione economica. Ma come è possibile farlo? È l’unione economica che deve adeguarsi alla logica dell’unione monetaria o viceversa? Se creassimo l’unione economica sarebbe necessario che i paesi membri siano parte dell’unione monetaria? Queste ultime sono le questioni su cui il professor Velo basa le sue attente considerazioni. Una cosa certa è che vi sia un parallelismo tra unione monetaria ed economica. Il problema sta nel gestire la distribuzione dei poteri tra BCE, governi nazionali e regioni.

Il prof. Balassone si sofferma sull’integrazione economica europea. Essa ebbe inizio negli anni Novanta con un esperimento senza precedenti: la creazione di una moneta unica senza uno Stato. Affidare la moneta, simbolo di sovranità, ad un’istituzione sovranazionale è stato il primo passo compiuto. Successivamente il Patto di stabilità e crescita ha creato le regole per garantire stabilità finanziaria e sviluppo economico sperando però in un miglioramento delle condizioni politiche e degli aggiustamenti futuri. Tuttavia, la crisi finanziaria globale e la crisi del debito sovrano in Europa hanno portato alla luce i problemi più profondi: una politica economica europea non era possibile per la mancanza di strumenti e allo stesso tempo le politiche nazionali erano vincolate dalle regole che avrebbero dovuto garantire stabilità e crescita. I ritardi e le difficoltà incontrate nel muovere il sostegno per la ripresa economica hanno condotto all’idea di Europa come nemico. Fu il periodo in cui vennero elaborate ambiziose proposte sul cambiamento del sistema europeo: emerge la necessità di un’unione bancaria e di bilancio ma anche di legittimazione democratica delle istituzioni comuni. Si prefigurava quindi una riduzione della sovranità nazionale in materia di economia e finanza e il rafforzamento o la sostituzione degli strumenti di intervento disponibili sul suolo nazionale con quelli europei. Quel piano è stato però disomogeneo perché sono prevalse le limitazioni all’uso degli strumenti nazionali senza però definire gli strumenti europei. Con l’inizio della pandemia l’Unione bancaria non era compiuta e nello specifico mancava il legame tra politica di bilancio comune e politica monetaria della BCE.  Si prospetta la necessità di rispondere a shock di grande portata o meccanismi negativi di contagio oltre a ridurre i rischi economici e finanziari dei singoli Stati. Oggi la situazione appare diversa con la sospensione del PSC e l’attuazione di politiche di bilancio espansive dei paesi membri dell’UE. Il meccanismo SURE e il NGEU, la cui attivazione non è vincolata a condizioni sulle scelte di politica di bilancio dello Stato beneficiario, si mostrano come scelte diverse rispetto alle misure prese durante la crisi economica e finanziaria del decennio precedente proprio perché non vi è più un ruolo primario della condizionalità e del meccanismo europeo di stabilità. L’istituzione del Recovery resilience iniziative è un grande esperimento di politica di bilancio comune finanziata attraverso debito comune. Tali meccanismi sono temporanei ma i possibili risultati che è possibile ottenere con questi fondi possono configurare in futuro la creazione di uno strumento permanente alimentato con risorse proprie per programmi di investimento, di stabilizzazione e redistribuzione a livello europeo. L’Europa non è al sicuro per il disaccordo sull’approvazione del pacchetto di ripresa economica, emergono anche problemi nei meccanismi decisionali, la transizione digitale e la sostenibilità ambientale restano da chiarire e vanno affrontati. Si inserisce la necessità di riuscire a coniugare le esigenze dei paesi esterni all’area euro con quelli dell’UEM e di gestire i debiti pubblici e privati. In particolare, l’Italia deve lavorare di pari passo con l’UE implementando i giusti piani di gestione delle nuove risorse, partecipare in maniera costruttiva ai nuovi strumenti in corso di adozione e disegnare un riequilibro dei conti pubblici e riduzione di incidenza del debito pubblico sul prodotto.

Giulio Tremonti inizia la sua riflessione con la celebre frase di Shakespeare: “The time is out of joint” per affermare che in Europa è il tempo di iniziare a costruire la rinascita per il futuro. L’Europa è passata dall’età della pace che inizia con la Conferenza sul futuro dell’Europa ad Algeri con Jean Monnet delegato da Roosevelt in cui prevale un’idea politica futura dell’Europa e passa per il Trattato di Roma. L’età della globalizzazione che passa per il Trattato di Maastricht ha segnato un’epoca. Con l’età della crisi e con il collasso del 2008 le istituzioni finanziarie non prevedevano regole per una crisi improvvisa e generale se non per problemi di bilancio nei singoli paesi. Le regole implementate improvvisamente si sono rivelate non effettivamente efficaci ed è nata l’idea di un Europa ostile. Oggi l’impressione è che non ci sia un freno per gestire il debito pubblico, inoltre la pandemia si presenta come una crisi umana e sanitaria di proporzioni bibliche ma in realtà gli effetti sono economici, politici, geopolitici. Tuttavia, l’Europa che ha sospeso il PSC, smettendo di fare regole e creando il Recovery Plan sta schierandosi dalla parte giusta. Il problema del legame tra concessione dei fondi e democrazia trova il suo problema nella difficoltà di implementare le condizioni democratiche in paesi come i Visegrad in quanto è un processo che parte dal basso e che richiede molto tempo e i giusti strumenti. 

Le proposte del Prof. Alpa convergono sul futuro del diritto privato. Il nostro paese, a seguito dell’adesione all’UE, è stato avvantaggiato per esempio nel settore della tutela del consumatore, utile per sostenere la domanda, la quale incide positivamente sulla fiducia nel mercato unico. Il settore della concorrenza è stato sviluppato ed ha portato benefici. Vantaggi sono sorti anche dalla mobilità dei lavoratori, dalla circolazione dei beni, dei servizi e dei capitali. I diritti fondamentali sono stati una conquista che ha rafforzato i valori di coesione dell’UE. Una criticità può essere rilevata nell’uniformazione delle regole del diritto privato, per cui diversi tentativi sono stati portati avanti ma si è sempre preferita la concorrenza fra ordinamenti dando prevalenza ai sistemi francesi e di common law soprattutto perché sono considerati più forti. Il modello di diritto privato italiano presenta gravi debolezze come la lingua e la storia, molto recente, e ciò pesa sulla sua rilevanza. Le difficoltà, alla luce della crisi sanitaria, hanno insegnato che in nessun ordinamento erano presenti misure preventive per questi fenomeni e i vari ordinamenti hanno seguito varie e diverse forme di risposta, per esempio, su libertà di circolazione dei beni e dei servizi. Si registra anche la necessità di ricodificazione che è però rimasta nell’ambito dei confini nazionali ed emerge il nazionalismo del diritto privato con forte competitività tra i vari ordinamenti. Nel futuro si può costruire un modello solidale e comune attraverso la possibilità di offrire a imprese e consumatori la possibilità di scegliere fra il modello nazionale o un modello uniforme che si può costruire. L’Europa sta puntando sullo sviluppo del digital single market su cui si può innestare il modello comune e questo settore può rappresentare, in tema di contratti e delle istituzioni di mercato, un trampolino di lancio per il futuro. 

Il prof. Carli, condividendo le posizioni di Masera e Tremonti, punta l’attenzione sul Mes e sugli strumenti messi a disposizione dall’Europa per fronteggiare gli aspetti economici di contrasto agli effetti della pandemia. Sembra stia prevalendo, nell’impostazione del dibattito, un aspetto prettamente ideologico tra coloro i quali siano a favore dell’Europa e chi è contrario. Questo perché soffermarsi semplicemente sull’accettazione o meno dello strumento Mes appare poco utile. Proprio per tale motivo risulta più lungimirante definire cosa bisogna fare con la potenziale erogazione di quei fondi. Nella realtà dei fatti, stupisce la mancanza di una linea direttiva chiara sulle modalità, sul processo di progettazione, su come verranno gestiti e monitorati i nuovi programmi. In maniera ancora più evidente si nota la mancanza di un piano che prevede effettivamente dove allocare le risorse dei fondi, quali siano le priorità e su quali fronti bisognerà investire per sostenere la domanda e rilanciare l’occupazione dando una prospettiva di reddito ad imprese e famiglie italiane. Sul discorso europeo, l’errore compiuto negli anni passati, soprattutto durante gli anni della crisi citati dal Professore Tremonti, è di non avere garantito la crescita senza la quale non è possibile alcuna stabilità finanziaria, economica, sociale, politica e geopolitica. Negli ultimi dieci anni lo strumento della stabilità è diventato obiettivo e la crescita è stata sacrificata a ragion di questo. Il timore è che procedendo esclusivamente secondo le visioni tecniche degli esperti, il cauto ottimismo che prevale oggi potrebbe rivelarsi vano.

 

Il Generale Preziosa afferma che durante gli ultimi anni della politica estera degli Stati Uniti, l’Europa ha visto venir meno il dialogo e la cooperazione con il suo partner principale. È sorta dunque la necessità di sperimentate una propria autonomia strategica. Nello sviluppo del settore della difesa il fattore della tecnologia ha contribuito a mutare gli scenari della deterrenza e la digitalizzazione che in questo caso agisce come cyberwarfare sarà l’elemento caratteristico delle future tensioni tra gli Stati. L’Europa è lontana dal digitale perché il palcoscenico in questo caso è occupato da attori come USA e Cina che hanno implementato nel mondo di internet i propri valori e le proprie regole. Sul campo militare digitalizzato le conseguenze sono che il sistema rimane scoperto rispetto alla capacità di reagire in maniera autonoma a queste sfide. Oggi si discute sulla nascita di un quartier generale europeo e sul Consiglio europeo in formato difesa, inoltre il rapporto NATO 2030 sul futuro concetto strategico favorisce la crescita dell’Europa digitale. In particolare, la Francia e la Germania sostengono queste iniziative con fermezza, pertanto l’autonomia strategica è il prossimo passo da compiere.

Il prof. Capriglione esprime le sue considerazioni su un Europa combattuta tra incertezze istituzionali ed economiche e sulla mancanza del legame tra   Europa monetaria, economica e politica. Ci troviamo in presenza di problemi di carattere istituzionale e si evidenzia la possibilità di realizzare un’Europa dei popoli e un’Europa politicamente unita. Il sistema nel corso degli anni è andato formandosi in base agli interessi, attraverso il sistema intergovernativo ed è prevalsa l’istanza di ciascuno Stato. Con la creazione dell’unione monetaria si è creato un divario con l’unione politica e ciò ha portato ad una Banca centrale che ha sostituito la logica delle istituzioni politiche. Nella contrapposizione tra Cina e America, l’Europa deve trovare il modo di inserirsi nel contesto internazionale rimanendo unita per poter contare realmente.

Se venissero ascoltate le proposte e le riflessioni di enorme qualità affrontate nel convegno, il dibattito che oggi anima la scena politica sul futuro dell’Europa sarebbe realmente utile, privo di ideologie e contribuirebbe a realizzare le premesse per un cambiamento economico e istituzionale che garantirebbe la crescita e la stabilità del sistema europeo. L’Italia che ha subito lo shock della pandemia, con un elevato debito pubblico, senza progetti per la realizzazione dei nuovi investimenti e che deve affrontare le richieste sulla sostenibilità ambientale e la trasformazione digitale, ha la possibilità di creare un sistema innovativo e resiliente.

 

FLAVIO PALUMBO