«Padiglione Italia», o il teatrino dei vizi e delle virtù
di Giulio Di Ciommo
Padiglione Italia. Bestiario fantastico per un Paese paradossale (Solferino, 2021), l’ultima fatica di Aldo Grasso, è un libro dalla lettura intrigante che descrive vicende passate — mettendo insieme una serie di articoli pubblicati sul Corriere della sera — di cui l’autore «…non sa se ridere o piangere», come riporta l’introduzione. Giudicato dalla sola copertina, il libro può sembrare un insieme di racconti di cronaca non ben incastrati, ognuno con una storia a sé; tuttavia, l’apparenza inganna e la questione sollevata è ben più profonda.
Non si tratta di una classica antologia o un diario nato per il solo gusto di criticare: non c’è censura e ai personaggi e alle vicende non si perdona nulla, perché il libro descrive i vizi della nostra società; l’obiettivo è capire quello che va e quello che non va. Per essere compreso, il suo messaggio va interpretato in chiave allegorica, perché — anche se talvolta per mezzo di provocazioni — alla fine si evidenziano le opportunità, le leve su cui intervenire per rendere più normale un «Paese paradossale».
Aldo Grasso ci invita a riflettere e a mostrare maggiore consapevolezza su determinati aspetti della nostra società. Allora perché Padiglione Italia? Il titolo rimanda alla moltitudine di spettacoli che accadono nella realtà quotidiana, oramai una “fiera” — come Maurizio Crippa ha affermato durante la presentazione di giovedì 18 novembre —, specialmente da parte di una classe dirigente che sembra aver perso i valori di una volta.
Ogni racconto è introdotto da una fabula che non termina con la solita morale, bensì con un’allegoria. L’ispirazione nell’uso dell’allegoria deriva da Emanuele Tesauro, letterato piemontese; mentre le favole, riprese dal greco Esopo, permettono di lanciare quel messaggio morale ricco della speranza di eliminare la “miopia” che oramai ci contraddistingue.
Il carattere è forte e deciso; l’armonia tra gli stili classici, medioevali e seicenteschi, rivisitati in chiave contemporanea, trasmette la realtà dei fatti. Già nell’introduzione, offerta dalla fiaba di Esopo Le due bisacce, si scopre la concordanza tra i vari stili. La morale della fiaba, presa anche come spunto per ogni successivo racconto, fa riflettere sull’ipocrisia che ci contraddistingue.
Ormai siamo “capaci” di valutare i difetti degli altri, ma non altrettanto bravi a capire i nostri. Dalla lettura emerge uno stile raffinato, pungente; e, grazie alle similitudini e alle allegorie, si smascherano via via i personaggi delle storie.
I vizi e le maschere dei protagonisti — coloro che rappresentano i pubblici costumi — vengono inquadrati fin da subito e l’autore non risparmia nessuno. Rectius, si descrive ciò che è realmente accaduto “sotto i nostri nasi”, ma che non è passato inosservato agli occhi vigili e alla penna incisiva di Grasso. Ferruccio de Bortoli durante la presentazione fa un interessante paragone con la Favola delle api di De Mandeville: però, a differenza di quella — come notato da Ferruccio De Bortoli — i vizi nel libro di Grasso risultano eccessivi e addirittura non più indispensabili, data la loro prorompenza in un contesto che di per sé ne è strutturalmente intriso.
La lettura è piacevole ogni pagina ricorda una “ciliegia” succulenta che chiede di essere mangiata e queste, — cioè gli episodi — non mancano.
Tra quelli proposti, ricordiamo cozze amare, citato dallo stesso Aldo Grasso durante la presentazione, che ci spiega come a Taranto — la città dell’Ilva e della mitilicoltura —, se si continua sulla via già tracciata, «…il rischio è che ci saranno più disoccupati che cozze», lasciando così l’indesiderato “amaro in bocca”. La città magnogreca soffre già per il numero elevato di disoccupati e l’invito dell’autore è di riflettere prima di agire o, come in altri episodi, evitare di rivolgersi al pubblico senza un piano ben definito o senza idee chiare.
Poi abbiamo La ricetta del dottor Stranamore per uscire dall’euro.
A differenza del film di Kubrick, qui i protagonisti sono i minibot: considerati dal “Dottore” non come uno strumento rischioso che alimenterebbe il debito della pubblica amministrazione, quanto piuttosto come la cura per guarire l’Italia dal peso del debito pubblico. In realtà, i minibot si pongono sostanzialmente al di fuori dell’unione monetaria e potrebbero costituire un primo passaggio per uscire dall’euro, al punto che — secondo molti economisti — minerebbero la trasparenza nel sistema finanziario.
Un altro articolo, ripreso durante la presentazione sempre da de Bortoli, è Il protagonismo (fuori tempo) dei governatori.Grasso ribadisce che il termine «governatore» è fuori luogo: vantarsi di questo titolo, ostentandolo, ha condotto a scelte non sempre esatte.
Ora il messaggio appare più chiaro: non bisogna fermarsi alle apparenze e l’augurio è di rimediare alle gaffe di coloro che ci rappresentano. Perché, anche se per molti possono sembrare brevi racconti, in realtà gli episodi narrati costituiscono da tempo il nostro quotidiano. Uno degli insegnamenti del «bestiario fantastico», — come recita il sottotitolo — è «Historia … vita memoriae, magistra vitae», prendendo sempre spunto dalla sfera classica. Abbiamo il dovere morale di prenderne atto e agire secondo tale consapevolezza.