Maastricht: venticinque anni. Un’importante eredità da reinterpretare.
di Francesca Dessalvi
Il 7 febbraio 1992 venne firmato dai maggiori rappresentati nazionali europei uno degli accordi principali che ha delineato la creazione dell’odierna Unione Europea. Il Trattato, firmato dai dodici Paesi che al tempo formavano la Comunità Europea, pose le basi per ridefinire in maniera più articolata e completa sia i rapporti tra gli Stati membri e l’Unione, che il ruolo internazionale della stessa. Il libro Maastricht: venticinque anni, a cura di Federico Carli, invita, in onore dell’anniversario dell’entrata in vigore del Trattato, a ragionare su quanto è stato fatto e su cosa si debba ancora fare per completare l’ambizioso progetto dell’Unione Europea.
Un graduale e impegnativo processo di elaborazione e confronto, iniziato in un periodo dove gli equilibri di un ordine mondiale che resse per cinquanta anni vennero messi in discussione, risultò nella determinazione di un Trattato che mirava a definire un nuovo assetto europeo. Federico Carli nella sua introduzione al volume ripercorre le tappe fondamentali che hanno scandito il processo di integrazione europeo, gli eventi che hanno mutato il contesto storico in cui nasce l’idea di Maastricht, e i contributi che hanno permesso di addivenire a una formulazione più fluida delle regole, permettendo di mantenere all’interno del Trattato elementi di flessibilità per scongiurare l’insorgere d’incongruenze tra obiettivi di sviluppo e obiettivi di rigore fiscale. Attraverso una valutazione delle scelte che sono state prese, e dei limiti che caratterizzano l’attuale assetto europeo, Carli spiega l’importanza di recuperare il dinamismo dello spirito europeista e solidale che caratterizzò l’iniziale concezione dell’Europa post-Maastricht, indirizzando verso un’interpretazione più altruistica del Trattato.
L’entrata in vigore di Maastricht, che fissa i parametri economici e indica i criteri politici e sociali necessari per l’ingresso degli Stati nell’Unione, ha segnato una svolta decisiva nella storia dell’integrazione europea. Per la prima volta si riuscì infatti a formalizzare l’idea di un’unione politica, superando l’intuizione che per arrivare a una solida unità interregionale fosse necessario raggiungere prima una forte coordinazione sul piano economico. A una integrata sfera economica, si decise di affiancare una politica estera e di sicurezza comune, una maggiore cooperazione in ambito giudiziario e la cittadinanza europea, da affiancare a quella nazionale. Purtroppo, le speranze che una forte integrazione monetaria generasse un effetto a catena verso la creazione di una più forte Unione economica e politica, non diedero vita a un autentico progetto, virtuoso e di successo, come testimoniano le tensioni che esplosero dopo la crisi finanziaria e dopo la crisi migratoria. Ne scaturirono i nuovi nazionalismi, fenomeni che indebolirono ulteriormente gli equilibri raggiunti.
Negli stessi anni è venuta meno anche la fortificazione di un sentimento di fiducia dei cittadini nei confronti degli organismi istituzionali europei, percepiti come distanti e inadeguati ad affrontate le sfide a cui l’Unione è chiamata a dare una risposta. Anche se inizialmente l’entusiasmo europeista che accompagnava la firma di Maastricht era quasi unanime, oggi prevale, come dimostrano la scarsa affluenza alle elezioni europee e il crescente supporto per movimenti nazionalisti, una generale freddezza verso le istituzioni europee.
Come suggerisce Carli, per far fronte a questa deriva centrifuga, occorre ripensare gli strumenti che hanno permesso di modellare il progetto di integrazione europea, e per fare questo è necessario fare riferimento ai principi che l’Unione vuole difendere e ai valori su cui essa si fonda. Da ciò la necessità di riportare integralmente il testo del Trattato nel volume. Si vuole offrire al lettore, specialmente ai giovani, la possibilità di riflettere sui contenuti fondativi dell’Unione con l’obiettivo di ravvivare lo spirito che ha guidato le tappe dell’integrazione fino a oggi, in modo da rigenerare una cooperazione che riavvicini i cittadini alle le istituzioni comunitarie, e allo stesso tempo gli Stati membri stessi a obiettivi comuni.
Nell’introduzione viene evidenziato il bisogno di attuare un coordinamento tra gli Stati membri per raggiungere politiche che siano più solidali e coerenti con gli obiettivi di sviluppo, per ridare slancio all’economia europea. Non deve essere ignorato il fatto che all’inizio degli anni Novanta, Maastricht segnò una svolta importantissima nella storia dell'integrazione europea, formalizzando e ampliando il principio di sussidiarietà, dando vita a un’Unione che esercitava ancora un forte potere attrattivo per i paesi circostanti. È proprio lo strumento della sussidiarietà, che se adeguatamente rivisto, può aiutare a fornire risposte efficaci ai problemi che l’Europa è chiamata a risolvere. In modo da recuperare anche il supporto dei cittadini che percepirebbero un’Unione meno normativa e più vicina ai loro bisogni.
Da non sottovalutare è anche l’importanza del rispetto dei valori fondativi dell’Unione per convogliare sotto una linea comune l’azione degli Stati membri. Recentemente, come emerso dalle ultime votazioni per il bilancio europeo, bloccato dal veto di Polonia e Ungheria, interessi nazionali particolaristici continuano a rallentare un percorso di crescita solidale e coeso, danneggiando il rafforzamento comunitario e le risposte che l’Unione si impegna a fornire ai cittadini. È importante quindi, seguendo la soluzione delineata da Carli, partire dalla riscoperta di valori assolutamente condivisi per riuscire a preservare la cooperazione tra Stati membri a beneficio di obiettivi comuni, affinché si possa raggiungere quel progetto Europeo delineato a Maastricht, adattando gli strumenti presentati dal Trattato alla modernità e al nuovo ruolo che l’Unione è chiamata a giocare.