Il Lockdown si poteva evitare?

di Daniele Santaroni

Il 29 marzo, nel bel mezzo del Lockdown nazionale, alcuni autorevoli scienziati hanno inviato al Premier Giuseppe Conte e al Ministro della Salute Roberto Speranza una lettera contenente un documento dal titolo “Case finding and mobil tracing”.

La lettera, firmata da scienziati del prestigio di Andrea Crisanti, ideatore del “modello Vo’”, andava a delineare una soluzione alternativa al Lockdown nazionale. Si proponeva, infatti, prendendo spunto dagli eccellenti risultati raggiunti in paesi come Corea del Sud, Giappone e Taiwan, un sistema basato su tre pilastri: test di massa, tracciabilità e isolamento dei contagiati fuori dai contesti familiari. Purtroppo, il sopracitato documento non ha mai ricevuto una risposta da parte del governo che, infatti, ha preferito continuare con la soluzione del “chiudi tutto” agevolando così, seppur non volontariamente, il collasso economico visto durante la prima fase. Venerdì 13 novembre, l’associazione “Eureca” ha promosso un evento al quale hanno preso parte due degli scienziati firmatari del documento: il prof. Giampiero Ravagnan, il fisico Bianconi, il Presidente dell’Associazione “Eureca” Angelo Polimeno Bottai, il prof. Giuseppe Valditara e i giornalisti Giuseppe De Lorenzo e Sara Garino. La conferenza ha avuto inizio, neanche a dirlo, con una domanda che il Presidente dell’Associazione ha voluto rivolgere ai suoi interlocutori:

“Era possibile mesi fa, per fermare il diffondersi del virus, evitare la chiusura totale e la fortissima limitazione della nostra vita sociale, lavorativa, commerciale e di studi e sarebbe, inoltre, possibile farlo ancora oggi?”

Il primo a prendere la parola è stato il prof. Giuseppe Valditara, firmatario anch’egli della già menzionata lettera trasmessa a Palazzo Chigi e docente ordinario di diritto privato romano presso l’Università degli studi di Torino. Il professore, nel valutare l’operato del governo durante la prima fase, ha immediatamente posto l’enfasi sulla mancata attenzione avuta dall’esecutivo nei confronti del già citato documento che, se applicato in maniera rapida e precisa, avrebbe potuto evitare un Lockdown di tre mesi e il crollo dell’economia del nostro Paese. La critica di quest’ultimo, infatti, ha messo in luce le debolezze che hanno contraddistinto il governo durante tutta la prima fase e che continuano a scandire, seppur con qualche effettivo miglioramento, il suo attuale operato: scarsi risultati nel tracciamento (complice la lenta e poco efficiente installazione dell’app Immuni) e il mancato raggiungimento di uno dei pilastri del noto documento: il testing di massa. Il prof. Valditara, con estrema sincerità, ha comunque riconosciuto al governo Conte un importante incremento nel numero di tamponi giornalieri eseguiti, che da alcune settimane superano i 200 mila al giorno. Egli, quindi, oltre a ribadire la valenza degli argomenti espressi all’interno della lettera degli scienziati, ha fatto, altresì, notare come un’ulteriore soluzione per rallentare la crescita dei contagi in atto, sia l’istituzione di “Covid Hotel” nelle varie provincie italiane. Una strategia, quest’ultima, adottata da tempo solo da alcune città italiane e che ora ha visto un interesse anche a livello governativo, tanto da portare il Ministro per gli Enti Locali e le Autonomie Francesco Boccia a chiedere ufficialmente che ciascuna provincia provveda all’istituzione di un Covid Hotel. La tesi del professore appare quindi chiara: se l’esecutivo e gli enti locali potevano essere giustificati durante la prima ondata, vista la scarsa conoscenza del virus e la conseguente impreparazione nel gestirlo, invece, hanno avuto maggiori strumenti nell’affrontare la seconda, anche se questo non sembra esser bastato.

L’intervento di Valditara è stato seguito dal discorso di Antonio Bianconi, noto fisico italiano, il quale ha mostrato come la risposta al Lockdown sarebbe potuta avvenire seguendo due modelli ben precisi: modello Ferguson o modello APP. Il primo, adottato in Italia e in buona parte d’Europa, prevedeva 100 giorni di Lockdown, mentre il secondo, utilizzato in Corea e poi in Nuova Zelanda e Australia, prevedeva 24 giorni di Lockdown. Quest’ultimo, alquanto dinamico e per questo innovativo, si poneva l’obiettivo di identificare tutti i possibili contagiati e focolai entro due giorni e provvedere immediatamente all’isolamento al di fuori dei contesti familiari. La Corea del Sud, visti gli eccellenti esiti, ha riproposto il modello anche durante la seconda ondata, riuscendo così nuovamente a debellare, almeno per ora, il virus. La efficacia dello schema basato sulle APP è visibile oltre che dal breve periodo di quarantena imposto al Paese, anche dal fatto che l’economia è ripartita subito e che non si sono create le condizioni per chiedere urgentemente il vaccino. Il professore ha ribadito come più volte insieme ad altri colleghi abbia cercato di dimostrare la validità del modello coreano, ma l’attenzione ricevuta non è mai stata quella auspicata. La battaglia intrapresa da Bianconi e dai suoi colleghi può essere così riassunta: maggiore e migliore utilizzo dell’APP di tracciamento, conseguente riapertura anticipata e ripresa immediata dell’economia. Secondo lo studio del fisico Bianconi, l’applicazione del Modello App in Italia, oltre ad evitare una mole così grande di vittime, avrebbe evitato perdite per 1 milione e 200 mila euro al giorno. Conseguenze spaventose, che tutt’ora viviamo in prima persona.

A spiegare in cosa consistesse questo metodo sanitario ci ha pensato il prof. Giampiero Ravagnan, promotore in prima persona del documento inviato al governo il 29 marzo. Il modello, che rievoca la logica del “lazzaretto” a Venezia, prevede: isolamento per gli asintomatici, ritenuti i più pericolosi per il contagio, e cura in ospedale per i sintomatici. Egli ha evidenziato come, invece, gli asintomatici siano stati isolati all’interno delle famiglie e non al di fuori moltiplicando in questo modo il contagio e permettendo che i nuclei familiari divenissero dei veri e propri cluster. L’isolamento, così come teorizzato dal professore, è stato applicato dal governo solamente durante l’inizio della pandemia come nel caso dei i due connazionali che, tornati dalla Cina, furono immediatamente isolati e controllati nella Cecchignola, evitando così la diffusione del Covid. Va anche detto che il governo ha messo a disposizione le risorse necessarie per aprire i Covid Hotel ma a mancare l’appuntamento in questo caso sono state nello specifico le Regioni, tanto che solo alcune città hanno creato strutture ad hoc per le persone ammalate a causa del virus. Una delle poche città ad aver garantito la costruzione di tali strutture è stata La Spezia, che, come ha spiegato il suo primo cittadino Pierluigi Peracchini, ha organizzato ben due Covid Hotel nella prima ondata e un terzo durante la seconda. Nella prima ondata, le due strutture hanno ospitato tutte quelle persone dimesse (ma non guarite) fermando così la diffusione del virus e favorendo la riduzione in breve tempo dei contagi. Per la seconda ondata, invece, si è resa necessaria la creazione di una terza struttura che però, con l’apertura generale, ha avuto effetti meno postivi rispetto a quelli sperimentati durante la prima fase.

Gli ultimi a intervenire alla conferenza sono stati due giornalisti: Giuseppe De Lorenzo e Sara Garino. Il primo, giornalista del “Giornale.it”, ha rimarcato le difficoltà di tracing, la confusione dei primi rapporti dell’Oms e dell’ISS, la disomogeneità nelle affermazioni di alcuni scienziati e ha tentato di chiedere perché non si sia ancora riusciti a mettere in moto un metodo che possa permettere il testing di una buona fetta della popolazione e l’istituzione di un numero sufficiente di Covid Hotel.

La risposta del professor Ravagnan è stata chiara: la non conoscenza del virus, anche all’interno del CTS, ha fatto sì che anche i suoi membri pensassero, almeno inizialmente, che il Covid fosse solo un’influenza. L’obiettivo che ci si è così posto, quindi, è stato quello di preservare gli ospedali, dimenticandosi però di andare sul territorio, responsabilizzare il cittadino e spostare l’attenzione su quella che il professore chiama “sorgente del contagio”, ovvero gli asintomatici. La quantità di errori commessi ha così portato il Presidente dell’associazione Eureca a porre una domanda, forse spinosa ma clamorosamente attuale:

“Il governo ha voluto così approfittare della delicata situazione per rinforzarsi?”

La risposta dei vari scienziati, pur con alcune differenze, è stata alquanto unanime: il governo è stato impreparato nell’affrontare la pandemia, data la novità della situazione, ma ha sbagliato a ostinarsi nel non voler cambiare il proprio metodo.

Risulta però doveroso aggiungere, come affermato dal dottor Ravagnan, che la decisione di cambiare il modello da applicare all’interno di un breve periodo risulta alquanto complicato e rischioso. Va, inoltre, ricordato che i poteri dello Stato nella Sanità sono limitati, in quanto quest’ultima vede una maggiore competenza delle Regioni.

L’ultima a prendere la parola è stata Sara Garino, fisica e giornalista di “Radio RPL”, la quale ha sostanzialmente confermato le precedenti affermazioni di coloro che l’hanno preceduta. Quest’ultima, enfatizzando la necessaria connessione diretta tra Scienza e Politica, ha posto l’accento su due punti critici della gestione Covid: lo spazio e il tempo. Lo spazio, nonché il confinamento delle persone fuori da casa, e il tempo ovvero le omissioni della Cina e dell’Oms e la mancata preparazione al virus. Quindi, se il governo è stato parzialmente “giustificato” durante la prima fase, vista la novità del Virus, il disordine a livello interno e internazionale e la mancata preparazione su come comportarsi, trova ad oggi poche scuse.

L’incontro ci ha, quindi, permesso di approfondire, se non addirittura conoscere per la prima volta, uno studio preciso e dinamico che se fosse stato adottato in tempo utile avrebbe cambiato la storia dell’Italia e non solo. Più tamponi, tracciamento, isolamento e Covid Hotel: questo è ciò che hanno chiesto e che tutt’ora lamentano gli scienziati.

Il governo ha, almeno parzialmente, accontentato i rappresentanti di questo studio almeno sul numero dei tamponi (però ancora insufficiente), ma fatica ancora nel creare un sistema di tracciamento efficiente che, affiancato dall’isolamento degli asintomatici nei Covid Hotel (ancora pochi), potrebbe portare il nostro Paese e buona parte d’Europa ad evitare altri Lockdown e conseguenti crisi economiche.

Purtroppo, questa seconda ondata ci sta dicendo altro.