Le nuove frontiere della finanza digitale
di Ivan Patricelli
L’evento The new frontiers of digital finance — svoltosi presso la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) il 10 marzo — è stata un’ottima occasione da un lato per mettere in evidenza le grandi opportunità che derivano dall’innovazione tecnologica, dall’altro sottolineare i rischi e le difficoltà che questa pone agli utenti, al Regolatore, al sistema economico nel suo complesso.
La digital finance è definibile come la capacità di offrire servizi finanziari tradizionali per via digitale, accessibili quindi tramite cellulare, tablet e computer, che comportano un cambio radicale dei modelli di business degli attori tradizionali.
La digitalizzazione della finanza non è affatto un trend nuovo, essendo ormai in corso da alcuni anni. La recente evoluzione tecnologica e le innovazioni che hanno caratterizzato questi anni stanno però portando la finanza digitale verso grandi rivoluzioni e cambiamenti che, se sfruttati correttamente, rappresenteranno una notevole opportunità di crescita. Come tutte le innovazioni che determinano un cambiamento radicale e possibilmente una riforma dei modelli di business di molte tipologie di intermediari finanziari; queste innovazioni producono altresì considerevoli rischi che ci accingiamo ad esaminare nel presente articolo, in particolare:
decentralizzazione;
frammentazione;
automazione.
L’evoluzione tecnologica procede in fretta e i regolatori devono essere in grado di disporre un quadro normativo di riferimento. Se la globalizzazione ha reso più complesso assoggettare alla normativa di un Paese degli enti che non vi risiedono, la digitalizzazione, la decentralizzazione della finanza e nuove tecnologie come la blockchain e i crypto-asset potrebbero ancora più efficacemente vanificare le normative di singoli Stati o autorità sovrannazionali con una giurisdizione geografica limitata come l’Unione Europea, qualora mancasse la cooperazione internazionale. Le autorità di vigilanza ed i policy maker dovranno quindi affrontare quanto prima le questioni:
dell’area geografica di competenza delle normative;
della supervisione della finanza;
della protezione degli investitori.
Come ha giustamente affermato John Berrigan — direttore generale per la Stabilità finanziaria, i Servizi finanziari e l’Unione dei mercati dei capitali presso la Commissione europea —, la digitalizzazione della finanza permette di sfruttare un mercato più ampio, beneficiando delle economie di scala e di una maggiore integrazione dei mercati finanziari europei. La digitalizzazione sta conducendo anche a un processo di disintermediazione, permettendo di collegare gli utenti direttamente ai prodotti e servizi nel mercato. Questo ovviamente li rende più accessibili, trasparenti e meno costosi. La digitalizzazione ha inoltre stimolato un’espansione del numero di fornitori di servizi finanziari, con la conseguenza di un aumento della concorrenza tra i fornitori (che prima erano pochi).
Per quanto riguarda i rischi, dobbiamo considerare che l’UE sta lavorando per l’introduzione di un framework normativo efficace che introduca regole per i fornitori e gli operatori di mercato. Il problema sarà nell’assoggettare questi operatori (alcuni dei quali potrebbero non avere sede nell’Unione) alla normativa europea. La digitalizzazione dei servizi, la blockchain e le criptovalute sono un fenomeno nient’affatto regionale ma di portata globale: in quanto tale, necessitano di una risposta globale che può essere ottenuta solo tramite la cooperazione tra Stati e autorità. La nuova legislazione — in particolare il DORA, sulla resilienza operativa digitale, che mira in particolare ad affrontare temi di cyber security, e il MiCA, sui mercati delle cripto-attività, che ha l’ambizione di regolarli — riesce solo in parte a rispondere al bisogno di tutelare gli investitori e gli operatori di mercato. La dimensione spaziale non è un problema nuovo anche dei crypto-asset: le esternalità negative derivanti dal consumo di elettricità durante il processo di mining non sono state risolte, perché queste esternalità sono state semplicemente trasferite da una regione geografica a un’altra, col risultato che l’impatto ambientale complessivo non è cambiato di molto.
Alla normativa è quindi affidato quindi un duplice obiettivo: da un lato, far sì che la cornice regolatoria incentivi la trasformazione digitale; dall’altro, evitare che la trasformazione digitale permetta ai provider di eludere la regolazione e soprattutto garantire che la catena del valore — che diverrà certamente più complessa a causa del maggior numero di operatori sul mercato — non diventi eccessivamente frammentata, comportando in questo modo un rischio per la stabilità dei mercati finanziari. Le risorse che è possibile stanziare per proteggere i consumatori sono limitate. In questo senso un ruolo fondamentale dovrà essere svolto dall’educazione finanziaria per tutti i cittadini europei, al fine di rendere gli investitori soggetti responsabili e in grado di assumere decisioni informate.
Il processo di evoluzione dei mercati finanziari non è reversibile: starà quindi ai cittadini e alle istituzioni il difficile compito di gestire la «nuova frontiera» di un mercato finanziario che per definizione non ha confini precisi.