In ricordo di Giuseppe Guarino

di Federico Carli

Ricorre l'anniversario della nascita di Giuseppe Guarino, tra i maggiori giuristi del secondo dopoguerra e sempre vicino all'Associazione. Il giorno della sua scomparsa, il 17 aprile 2020, Federico Carli ne ha ricordato la figura con un articolo sul Corriere della Sera che oggi ripubblichiamo.

‘ADDIO A GUARINO, IL GIURISTA EUROPEISTA AL SERVIZIO DELLO STATO’

Giuseppe Guarino ha attraversato la seconda metà del Novecento e i primi decenni del nuovo millennio da indiscusso protagonista della vita pubblica italiana. Nato a Napoli nel 1922, si laureò giovanissimo in giurisprudenza, intraprese la carriera forense e quella accademica. Tra i maggiori giuristi della sua epoca, ha avuto tra i suoi studenti personalità del calibro di Francesco Cossiga e Giorgio Napolitano. È stato sindaco della Banca d’Italia dal 1967 al 1987, fornendo preziosi consigli e conquistandosi la stima di Guido Carli, Paolo Baffi, Carlo Azeglio Ciampi. Deputato della DC, è stato ministro delle Finanze nel governo Fanfani e ministro dell’Industria nel governo Amato.

Avvocato di rango, in due occasioni ha dato un contributo fondamentale per difendere la Banca d’Italia: prima dalle sordide trame del bancarottiere Michele Sindona e poi dall’attacco perpetrato ai danni di Paolo Baffi e Mario Sarcinelli da ambienti malavitosi collusi con alcuni strati indegni dell’imprenditoria, della finanza e della politica. Ha così concorso a salvaguardare la funzionalità e il prestigio di un’istituzione centrale della Repubblica. Negli anni Novanta, avendo intravisto prima degli altri i mutamenti che avrebbero interessato gli equilibri economici internazionali e avendo intuito l’evoluzione che avrebbero avuto il capitalismo e i mercati finanziari in un nuovo mondo pienamente globalizzato, cercò di predisporre un piano per consentire al sistema industriale nazionale di affrontare con successo la sfida.

Nella visione di Guarino la dimensione delle imprese italiane, comprese le maggiori, era inadeguata per competere con i gruppi che si andavano formando in USA, in Giappone, nella stessa Europa e, volgendo lo sguardo in avanti, con quelli che si andavano formando in Cina, in India e in altri agguerriti paesi che si preparavano a giocare un ruolo da protagonisti nell’economia mondiale. Secondo Guarino l’occasione per realizzare in Italia alcuni gruppi industriali in grado di confrontarsi in condizione di parità – per dimensione e per composizione – con i concorrenti internazionali e comunitari era offerta dalla possibilità di dare opportunamente vita a un’integrazione coordinata e guidata delle imprese in mano pubblica con quelle private. In questa visione le privatizzazioni, che erano conseguenza diretta e ineliminabile degli ordinamenti comunitari, avrebbero dovuto costituire uno “strumento indispensabile per attuare in Italia un disegno di riorganizzazione delle energie produttive adeguato alle esigenze che erano poste all’Italia dalla concorrenza tra sistemi-Paese”. La linea proposta da Guarino non passò, la storia ebbe un corso diverso. Negli ultimi anni Guarino ha continuato a fornire un contributo di pensiero al Paese, scrivendo articoli, rilasciando interviste, partecipando a seminari e conferenze. Egli ha rivolto le proprie energie in particolare a tre questioni: la cornice giuridica, l’Europa, la nascita di un nuovo ceto dirigente. Professore di chiara fama, egli aveva contribuito non poco a orientare la formazione delle nostre norme giuridiche; brillante avvocato, si era spesso avvalso di quelle norme a vantaggio dei propri assistiti. Tuttavia egli compì una sorta di autocritica a nome della classe dei giuristi, di cui era consapevole di essere un altissimo esponente.

Proliferazione normativa, eccesso di formalismo: questi gli errori a cui bisognava porre rimedio. Nell’opinione di Guarino era giunto il momento di ripensare il quadro giuridico italiano, che non aveva tenuto il passo dei tempi e che cominciava a rappresentare un vincolo tale da ingessare e bloccare la società, costituendo uno schermo a vantaggio di ormai intollerabili posizioni di rendita e sacche di inefficienza. Esponendosi consapevolmente al rischio di essere annoverato tra gli “antieuropeisti”, a causa degli schematismi prevalenti nel dibattito pubblico italiano, egli seppe anticipare e porre sul tavolo con estrema chiarezza i limiti della costruzione comunitaria. Lui, federalista europeo, fu isolato dai fautori dell’Europa senza se e senza ma e i suoi appelli rimasero privi di risposta. E ciò ha arrecato nocumento enorme proprio alla solidità dell’Europa; oggi ne vediamo le conseguenze. Tra le numerose proposte avanzate da Guarino per dare nuova linfa alla costruzione europea, colmandone le lacune, una in lui aveva preso il sopravvento: bisognava lavorare per creare nuovamente il popolo europeo, solo in questo modo avremmo eretto un edificio stabile. Guarino non aveva trovato l’ispirazione per questa idea leggendo un rapporto della Commissione o un paper di uno studioso della UE, bensì sfogliando le pagine scritte da un avventuriero veneziano tre secoli or sono. Nelle memorie di Giacomo Casanova, il quale si sentiva a casa a Parigi come a Roma, a Madrid come a Berlino, a Napoli come a Praga, era evidente: il popolo europeo nel Settecento esisteva. Perché dunque non dovrebbe essere possibile farlo rivivere oggi?

Per raggiungere questi obiettivi e impedire la decadenza dell’Italia era necessario far emergere un nuovo ceto dirigente, competente e cementato da comuni ideali: forse anche per questo il professor Guarino ha continuato a spendere le proprie energie, fino alla fine, mettendo a disposizione la propria cultura a coloro i quali avevano voglia di attingervi. Giuseppe Guarino ha messo la propria intelligenza – corroborata dalla perfetta padronanza della lingua italiana – al servizio della scuola, del giornalismo, delle Istituzioni, del Parlamento, del Governo; ma soprattutto dei giovani. Egli è stato un esempio di indipendenza di giudizio e libertà di pensiero, sempre. In questa fase di smarrimento, c’è assoluto bisogno di una bussola in grado di orientare il nostro cammino in una notte che appare lunga e senza luna: i suoi insegnamenti possono tornare molto utili oggi, per affrontare la radicale incertezza del futuro.

Articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 20 aprile 2020.

Federico Carli e Giuseppe Guarino

Federico Carli e Giuseppe Guarino