I giovani italiani: eterni dimenticati
di Chiara Ciuccarelli
Mai come in questi giorni si sente ripetere da più parti che le grandi crisi possono portare grandi cambiamenti. È opinione piuttosto diffusa che la crisi provocata dallo scoppio della pandemia di Covid-19 possa segnare per il nostro Paese un cambio di passo: finalmente l'occasione per fare i conti con una serie di questioni rimaste finora all'angolo e che, se risolte, potrebbero dare all'Italia lo slancio vitale di cui necessita per rimettersi al pari con i colleghi europei.
Forse tutto ciò sarebbe possibile se le forze politiche che governano il nostro Paese riuscissero a risolvere quella miriade di conflitti interni che impedisce loro di prendere delle decisioni concrete. A parole infatti ci muoviamo in un'ottica europeista, che persegue obiettivi di semplificazione, innovazione e sostenibilità. Nei fatti ci ritroviamo impantanati nelle sabbie mobili. Questo mentre la penisola sta attraversando la più grave crisi economica dal secondo dopoguerra e una bomba sociale è pronta ad esplodere.
Tra febbraio e maggio 2020 gli occupati in Italia sono diminuiti di mezzo milione di unità ma la misura del dramma che stiamo vivendo, le cui conseguenze ci porteremo dietro ancora per molto tempo, ci è data dall'analisi della situazione di quella che è stata soprannominata la "Generazione Covid", quella dei giovani che hanno perso il lavoro a causa della pandemia. A maggio, sono stati 11 mila i giovani occupati in meno rispetto all'anno precedente. Metà dei posti di lavoro distrutti dal Covid-19 coinvolgono persone con meno di 35 anni, nonostante queste rappresentino un quarto del totale degli occupati.
È proprio a questi giovani, che pagheranno il conto più salato di tutti per questa pandemia, che dovrebbe maggiormente rivolgersi la politica. Eppure gli attuali partiti politici sembrano aver dimenticato l'esistenza di questa fascia della popolazione. Sui giovani ci giochiamo il futuro del nostro Paese, ci sentiamo spesso ripetere, ma agli Stati Generali di Villa Pamphilj, organizzati con l'obiettivo di discutere e organizzare il piano di rinascita dell'Italia, i giovani non sono stati invitati. Non è un caso perciò se oggi molti di loro sembrano aver perso il contatto con la politica. Non che ai ragazzi non interessino i temi politici. Basterebbe ripensare al grande seguito del movimento delle Sardine, nato lo scorso inverno in occasione delle elezioni regionali in Emilia-Romagna, per rendersi conto che non è affatto così. Piuttosto essi non trovano nella classe politica italiana nessuno interlocutore credibile con cui dialogare. "Amiamo la politica anche se ce n'eravamo dimenticati essendoci spesso sentiti orfani di rappresentanza" scrivono nella loro lettera al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte le 6000 Sardine che nei primi mesi dell'anno hanno riempito le piazze di tutt'Italia.
Se n'erano dimenticati, ecco, perché parlare a vuoto dopo un po' stufa. Le stesse Sardine, nella lettera menzionata, avevano elaborato una lista di priorità per il Paese, una sorte di breve agenda politica. Il Presidente Conte sembrava inizialmente pronto a dialogare e a discuterne con questi ragazzi, desideroso di mostrare quanto realmente avesse a cuore le loro opinioni. Data la considerazione avuta per i giovani in questi ultimi mesi di pandemia, si può dire però che l'interesse per il movimento giovanile altro non è stato che una manovra elettorale. Innanzitutto non una parola sugli universitari, sulle difficoltà di seguire le lezioni a distanza e di effettuare gli esami online, sui disagi degli studenti fuorisede, il più delle volte ritornati a casa dai genitori e costretti nonostante tutto a mantenere l'affitto di un appartamento, non sapendo se e quando sarebbe stato possibile tornarci. Per non parlare poi dei milioni di giovani che si erano da poco affacciati nel mondo del lavoro: i contratti, spesso a termine, che avevano faticosamente ottenuto prima del lockdown, spazzati via come se niente fosse.
La Commissione europea prova a soccorrere la Generazione Covid con il pacchetto "Bridge to Jobs", per aiutare milioni di giovani nella ricerca di uno stage o di un apprendistato. E in Italia? Al momento non sembra esserci nessuno in grado di ascoltare e di instaurare un vero dialogo con i giovani. La classe politica italiana continua a girare a vuoto, incapace di trovare soluzioni a quelli che sono i problemi reali del Paese. Finché non si verrà a capo di questo girotondo, non sorprendiamoci della disaffezione dei giovani alla politica.