Il 2 marzo, di fronte a questo stesso gruppo di amici che ruotano attorno al Rotary Club Rome International, ragionavamo sul futuro dell'economia italiana inserita nella cornice europea, non potevamo immaginare che cinque giorni dopo avremmo sperimentato il primo "lockdown" della nostra vita e saremmo entrati nell'era della pandemia Covid-19.
Ricordando la conversazione di marzo, notiamo come già prima dell'incertezza creata dal coronavirus, il nostro sistema economico attraversava una fase estremamente complicata, non avendo saputo adattarsi con successo al nuovo paradigma determinato dai bruschi cambiamenti sperimentati da globalizzazione, tecnologia, concorrenza internazionale, attenzione per l'ambiente, quadro geopolitico mondiale. L'economia italiana era in difficoltà in un contesto in cui l'economia globale cresceva del 4% all'anno, pensiamo cosa possa significare un contesto in cui l'economia globale avrà una caduta del 4,4%. Con l'eccezione della Cina e di alcuni paesi asiatici e africani (e una piccola nazione sudamericana!), tutti gli Stati della terra andranno in recessione quest'anno. La contrazione dell'economia italiana sarà particolarmente significativa e, secondo le previsioni dei principali organismi indipendenti, la ripresa dell'anno prossimo sarà timida. Insomma, un disastro gravido di conseguenze spiacevoli, forse pericolose.
Il 2 marzo avevamo individuato le debolezze strutturali dell'Italia, alcune delle quali oggi possono avere un impatto negativo sulla stessa possibilità di attingere ai fondi europei e sulla possibilità di farne un uso intelligente.
Il problema dell'economia italiana potrebbe non essere soltanto economico; potrebbe non dipendere da variabili puramente economiche: risorse, efficienza, innovazione. Il problema italiano potrebbe essere di più ampio respiro e di più difficile soluzione, afferendo a variabili meta-economiche: cultura, istituzioni, politica, società civile. Se così fosse, occorrerebbe promuovere un rinnovamento della cultura e degli schemi mentali prevalenti. Per capire se e come ciò sia possibile, potrebbe non essere vano riflettere sulla nostra storia: individuare le ragioni del successo del cambiamento culturale successivo alla caduta del fascismo, che diede avvio all'epoca d'oro della società italiana e al miracolo economico e individuare le ragioni dell'insuccesso del cambiamento culturale successivo alla caduta della Prima Repubblica, che diede avvio agli anni più bui della società italiana e alla sua ventennale decadenza.
Solo imprimendo un reale e propulsivo cambiamento culturale sembra possibile fuoriuscire dalla crisi: una riflessione su quegli opposti momenti di cesura può essere decisiva per indicarci la strada.